Non molto tempo fa quando si pensava al futuro lo si faceva solo in termini positivi, di progresso, eppure la storia avrebbe dovuto insegnarci che anche dopo fiorenti civiltà vengono tempi oscuri. Il discorso è certamente esagerato per dire che in questo periodo di crisi, non solo economica, ma anche culturale, stiamo perdendo anche piccole cose, seppur significative. La crisi della scuola è sotto gli occhi di tutti, molti licei e istituti, ad esempio, non fanno più il viaggio di istruzione per le quinte classi (o quando lo fanno lo trasformano in salasso per le famiglie), che un tempo era un evento epocale, da ricordare per tutta la vita, una sorta di istituzione.
Nella mia classe si cominciò a trattare l’argomento dall’anno precedente; si facevano congetture, si raccontavano aneddoti sulle avventure degli studenti che ci avevano preceduto, e una volta in quinta l’evento fu preparato con diversi mesi d’anticipo, finché la decisione fu presa e conoscemmo la destinazione, il periodo, le modalità, la data della partenza.
Partimmo una domenica pomeriggio di inizio primavera, il trentuno di marzo, avremmo trascorso una settimana a Firenze. Non era un gran viaggio, si era quasi dirimpettai, ma le nostre aspettative e la volontà di divertimento ed esperienza era grande.
Uscii di casa alle 16,30 e presi il P per la Stazione. Il treno per Olbia partì alle 18; in colonia si viaggia lenti, ma nessuna invidia per l’alta velocità. A volte gli invasori non facendo nulla, fanno meglio… a volte. Poi quando si legge o si scherza, si ride, si gioca a carte, si spizzica, il tempo passa in fretta. Giungemmo al porto alle 21,30 e la nave “Città di Napoli”, il cui nome tradiva l’origine dell’armatore, partì alle 23. Feci qualche foto e qualche giro sul ponte, poi essendo il mare mosso e conoscendone gli effetti, mi rifugiai nella cabina 128 e mi stesi prono sul letto. Alle 5 fu già sveglia e in poco meno di un’ora sbarcammo a Civitavecchia, toccavo il suolo continentale per la quarta volta.
Il viaggio proseguì in treno e in lettura, pioveva e percepii già allora quella sensazione indefinibile provata tante altre volte nell’appressarmi a Roma in giornate cupe.
Mi guardai intorno, emozionato, nella vana ed inquieta speranza di vedere… la ragazza che amavo viveva lì. Ma ci fu solo il tempo di cambiare treno… le carrozze avevano gli scompartimenti con le porte scorrevoli e il corridoio laterale, mai visto uno così fino ad allora.
Nei pressi di Terontola… (cenno in qualche modo precorritore, visto che proprio la scorsa estate ho camminato per le sue strade), mi feci fare una foto mitica, molto guevariana. Il tempo passò senza noia e alle 13 giungemmo a Firenze. La nostra accomodation era a pochi passi dalla stazione, l’albergo “delle nazioni”, la mia camera la 304, al terzo piano; il tempo di depositare i bagagli ed eravamo già a pranzo… Quello che mi è rimasto impresso e non ho più dimenticato è lo strano sapore dell’acqua fiorentina, che forse in qualche modo si trasmette al cibo, non so essere più preciso, cloruro di che? mah!
Alle 17 eravamo già liberi, Firenze era nostra, andai in giro con Cury, Tony e Robert… con propositi a dir poco originali: attaccar bottone con le fiorentine, ma in giro oltre ad esserci poca gente, pare mancassero proprio i fiorentini, visto che nessuno sapeva rispondere alle nostre domande.
Imboccammo tuttavia il percorso classico e in breve raggiungemmo Santa Maria Novella, dove iniziò la saga degli “scatti” e l’acquisto dei souvenir da devolvere: David, piatti decorati, posacenere… I primi incontri furono effimeri, simpatiche ragazze di Arezzo, un’altra dei Bambini di dio (chissà? magari la madre di Rose McGowan), e proseguimmo per il Duomo. Ci apparve grandioso e bello nella sua essenzialità. Nella piazza stazionava gente di ogni tipo, un freak ci raccontò di se, di essere stato in carcere in Sardegna… come gita turistica, niente male!
Anche l’interno della chiesa mi colpì, mi soffermai su un’ultima cena affrescata (di Giovanni Balducci) e notai la semplicità generale… Palazzo Vecchio, Uffizi, l’Arno… la prima foto davanti al mitico lampione di fronte al portico… poi Ponte Vecchio, pieno di ragazzi, dove Firenze si colora; visitammo i negozi, comperai alcuni segnalibri in pelle (uno per Rosa), ci spingemmo fino a Palazzo Pitti, ma era già l’imbrunire e tornammo in albergo, lungo il percorso acquistai le cartoline di rito, ben dodici.
La cena fu alle 19,30 e dopo, con un gruppo di compagni si decise di andare al cinema. La ricerca della sala fu piuttosto laboriosa, facemmo un lungo giro, finché entrammo all’Alfieri. Era in programma un film danese, “Christa” di Jack A. O’Connell, con Birte Tove. Il film non è quello cui pare alludere il titolo italiano (Conoscenze carnali di Christa, ragazza danese), è a tratti narrato come un documentario, non è pornografico, ma drammatico, tuttavia vietato ai minori di 18 anni; non è una grande opera d’arte, ma noi attratti dal titolo evidentemente non la cercavamo nemmeno. Tornammo in albergo alle 24, prima di mettermi a dormire scrissi le cartoline…
Mi alzai dalla prima notte fiorentina alle 8,15. Dopo la colazione uscii con l’intera compagnia. Eravamo pressoché liberi di visitare la città a nostro piacimento, ma le nostre intenzioni non mutavano. Appena fuori adocchiammo due pullman pieni di ragazze, salutammo, mandammo allegri baci, scene goliardiche; non fu difficile rintracciarle, i bus avevano fatto sosta nei pressi della stazione e quasi subito ci trovammo a fianco una selva di studentesse, il primo approccio fu un po’ freddino… Entrarono a visitare la chiesa di Santa Maria Novella, poi clamorosamente un gruppetto di loro mi chiamò dalla piazza: “Chi? A me-e?” mi indicai incredulo, della serie, chi è freddino? Una di loro, bella al punto che non ci avrei neanche provato (Grace), mi chiese di fare una foto con lei, ci abbracciammo (con decisione peraltro), mentre un’altra (Mary) fece la foto, poi diverse altre, sempre abbracciati e in gruppo.
Dopo questo bel momento tra sconosciuti (!) chiesi a Grace se potevamo continuare con loro… Entrammo insieme a visitare la chiesa e proseguimmo per il Duomo, identico percorso della sera prima. Cercai di essere disinvolto, ero invece imbarazzatissimo ed emozionato. Grace e Mary stavano vicine. Sicuramente trasmisi a Grace il mio imbarazzo e lei reagì allo stesso modo; mi sforzavo a parlare, ma dicevo solo banalità e lei rispondeva quasi forzatamente, ebbi l’impressione che fosse a disagio, che non avesse voglia (qualche anno dopo seppi che mi ero sbagliato); così poco alla volta iniziai a dialogare con Mary, spigliatissima, e con lei visitai il Duomo. Inutile dire che inizialmente fu un ripiego, era Grace che mi piaceva, ma mi sentii snobbato da lei. Alla fredda bellezza di Grace, almeno in quel frangente, Mary sopperiva con un fascino naturale che somigliava tanto a quello di I, e questa sensazione si fece più forte con il passare del tempo.
Mentre proseguivamo, i Bambini di dio (che a Firenze avevano una comunità) fermarono le ragazze; Mary si allontanò dal gruppo e restai solo con lei, allora mi fece delle confidenze, mi disse che il padre era un carabiniere piuttosto di destra e che la sorella era sposata con un anarchico… Una sua amica allora mi chiese se anch’io lo fossi, visti i simboli sulla mia borsa di sacco… Non volevo parlarne, ma lei aveva già capito qualcosa… A Palazzo Vecchio facemmo varie foto, agli Uffizi Mary non entrò e restò nei portici con me, la invitai a venire a vedere l’Arno, tentennò, poi venne, un po’ imbarazzata. Mentre andavamo incontrammo due giapponesi e mi chiese di fare in modo che potesse avere una foto con loro, sembrava un’impresa disperata ma ci riuscii.
Nel Lungarno le feci una foto nello stesso lampione in cui l’avevo fatta io ieri… volle poi tornare dal gruppo e disse “Spero tu mi riporti dove eravamo”, “Chissà dove mi stai portando”… Interpretai queste parole come paura, si trattava invece, evidentemente, di una provocazione erotica.
Tornammo in gruppo. Grace, era seduta sugli scalini e cercava di ricordare una via… Mary mi guardò intensamente, molto vicina alla mia bocca e sorrise… ricambiai lo sguardo, ero molto eccitato. La invitai a venire a sedersi accanto a me con l’idea di baciarla, ma sviò il discorso in una sorta di gioco assurdo: scuola, libertà, famiglia… Disse che forse l’avrebbero bocciata, di aver superato recentemente un esaurimento, di un fidanzamento imposto dal padre con un ragazzo siciliano (che si trovava in quel momento in casa sua in Liguria), che lei aveva mandato all’aria. Lo aveva conosciuto l’anno precedente al termine di una vacanza in Sicilia (di dove è originaria) e si era innamorata… I suoi non la lasciavano libera…
Improvvisamente dissi
“Devo dirti una cosa… forse inutile”,
“Ora devi dirmela!” rispose con foga
…“Mi piaci” dissi, tacque e allora tentai di baciarla.
“Massimo smettila”. La guardai intensamente e disse
“E’ inutile che mi guardi così!”
“Come ti sto guardando?” e le carezzai il viso e tentai ancora di baciarla
“Edgar, tra cinque ore io me ne andrò e non ci vedremo più” [non sarà così, ma ne parleremo un’altra volta, ndr]
“E se ci rincontreremo”
“Sarà inutile perché io avrò un altro ragazzo e tu un’altra ragazza”
“Già…”
“Ma perché hai scelto proprio me, ci sono Grace, Angie, che sono delle belle ragazze…”
“A me la bellezza non interessa” dissi ipocritamente…
“Ah! Bel complimento!”
“No, non volevo dire…tu sei una bella ragazza, ma in più hai… beh, lasciamo perdere…”
“Edgar, ora devi dirlo” esclamò con una foga seducente
“Vedi, tu somigli ad una ragazza che…”
“Si, somiglio ad una ragazza che ti piace… sempre le stesse cose, ma almeno metteteci un po’ di fantasia…”
“Si dicono sempre le stesse cose? Tu non mi credi vero?”
“No, infatti…”
“Sai, mi capita sempre di innamorarmi di ragazze che hanno idee diverse dalle mie”
“Perché io…?”
“Tu ad esempio hai diverse idee politiche, diversi gusti musicali”. Sorrise. Mi aveva già detto di non amare la pop music (intendendo la progressive contrapposta alla dance).
Tentai ancora di baciarla e mi ripeté di smetterla, ma non si capiva se era convinta. Mi ricordai del mio primo bacio.
“Sai una cosa?” dissi
“Dai, devi dirlo ora…”
“Non ti dimenticherò”
“Neanche io se è per questo”
Durante questa conversazione, di cui ho riportato l’essenziale, le nostre mani erano unite.
Ci alzammo e seguimmo il gruppo che si diresse verso l’Arno. Chiesi di poterla seguire, continuammo a parlare… Mi disse che non si sentiva matura; in modo diplomatico e “filosofico” (leggasi paraculo) le spiegai che non era così e mi rispose “Il tuo discorso fila…”
Quando notai che i suoi insegnanti si avvicinavano, tesi la mano, ci guardammo intensamente e feci per allontanarmi… le nostre mani scivolarono lentamente una sull’altra, (come accadde con I).
Erano le 12,30 , andavano a Palazzo Pitti, mi ripromisi di venirla a cercare dopo pranzo… Mi colpì fortemente, tornando in albergo avevo in mente solo lei, mi aveva sedotto. Avevo dimenticato quasi completamente i miei compagni che avevano interagito col resto del gruppo.
Dopo pranzo, alle 14,30, tornammo alla carica… A Ponte Vecchio incontrammo Grace e co., Mary non c’era, non mi piacque chiedere di lei, ma fu Grace stessa a indicarmela; la raggiunsi, sorrise, parlammo un po’, ma ben presto salì sul pullman, erano dirette a Piazzale Michelangelo… Cercai di farle una foto con altre due ragazze, ma non venne… Dal pullman mi invitavano a salire, Grace mi disse “Il tuo indirizzo me lo ha preso Mary” e lei la guardò storto, poi si affacciò e mi diede uno degli anelli d’argento che aveva tra le dita dicendo “Tieni Edgar”. Ero imbarazzato, quasi riluttante, lei insistette severa e attraente “Tieni, non mi serve…”.
Presi l’anello e ringraziai… una sua amica disse “Ora glielo devi regalare anche tu l’anello”
Mary la guardò male… “Certo” dissi.
I miei amici le scattarono una foto, io le chiesi l’indirizzo, ma non voleva darmelo. Grace disse che me lo avrebbe dato lei, Mary protestò, poi cedette e me lo diede dicendomi “Edgar non scrivermi, ti scriverò io e ti dirò come fare per rispondermi… Guarda, se riceverò una tua lettera sai che fine farà? Sarà cestinata…”
Non capivo più nulla… Mi chiese del mio indirizzo “Corso 4 Novembre”, così scoprii che era nata il 4.11… un altro scorpione sulla mia strada… mi salutò e sorrise.
Mi invitò a raggiungerla a Piazzale Michelangelo, poi si sedette e finché il pullman non lasciò Palazzo Pitti ci scambiammo sorrisi e sguardi intensi…
Partirono…
In una ventina di minuti raggiungemmo a piedi il Piazzale, la vidi subito…
“Come avete fatto ad arrivare così in fretta?… Va be’ che siete sardi!” (?)
Mentre gli altri facevano delle foto, cercai di appartarmi con lei, ma non voleva… ci sedemmo sul muretto, spalle alla città, nei pressi di una bilancia con la scritta “Il vostro peso, il vostro oroscopo”
“Credi nell’oroscopo” chiesi
“No”
“Neanche io”
“Sarebbe qualcosa in comune? Allora preferisco crederci”. Sorridemmo, continuò
“Tra poco piove”
La invitai a fare una foto insieme
“Ma dobbiamo proprio farla questa foto?”
“Si” risposi. La facemmo.
Erano gli ultimi momenti, i più romantici… e iniziò davvero a piovere… Invitò le sue amiche a tornare sul pullman, cercai di trattenerla, fece la capricciosa, scappò, la rincorsi… Le amiche mi salutavano; Grace in particolare si mostrava contenta con me, la più triste era Mary che salì a bordo dicendomi
“Ciao… Non mi saluti?” mi tese la mano sinistra, pensai ‘ma che ti è successo?’ e feci finta di niente.
Una di loro mi disse “Vieni a Savona?”
“Si, e non solo per visitare mio zio…” Mary annuì e sorrise…
La pioggia si fece battente e di corsa sparimmo… Provai rammarico per averla lasciata così, ma mi consolò pensare che l’avrei rivista.
Ci riparammo in un bar, poi in un chiosco, indecisi se andarcene o meno, trovammo un libro in inglese, Laing di Edgar Z. Friedenberg, che diventò mio.
Discutevo della giornata con gli amici, quando alcuni dissero di scorgere Grace… Miraggi!
Iniziammo a corteggiare una ragazza di passaggio, mi apparve bonissima, le dissi “Sai che sei carina?” e le feci cenno di venire, lei rispose “Grazie” e sorrise… troppo tardi mi accorsi che era Grace e gli altri risero… avevo già tradito Mary freudianamente… dopo aver trovato Laing…
Temevo che Grace riferisse il siparietto, che figura!!!… Si erano fatte le 18, quando vedemmo il pullman partire, senza poter fare nulla. Poco dopo smise di piovere…
Ci dirigemmo allora a San Miniato al Monte, facemmo delle foto e scoprimmo un altro pullman di ragazze… Cominciammo a parlarci, erano di Teramo, simpaticissime e aperte, anche loro delle Magistrali e tutte carine. Una la chiamai “Grace Slick” e ne fu felicissima, altre mi chiesero di cogliere margherite per loro e lo feci… ma arrivarono i prof e partirono… Stavano all’Ostello della gioventù e sarebbero andate via la sera del giorno dopo… Promettemmo di andarle a trovare…
Visitammo la chiesa di San Miniato al Monte che è bellissima. Tornati in piazza Michelangelo trovammo ancora il gruppo di Teramo, prendemmo il gelato, raggiungemmo il pullman e ci salutarono festanti; la “simpatica” aprì il finestrino, ma una musona glielo fece chiudere… Salutammo e andammo via, si era fatto tardi… eravamo un po’ euforici… Ero rimasto con Renis, incontrammo un sardo, un episodio divertente, ma offuscato…
Entrammo nella libreria Feltrinelli, dove comprai “I Sotterranei” di Kerouac. Dopo cena non uscii, stetti in camera, continuai a scrivere le cartoline, tra cui una a Daniela e a Sandra. Scrissi anche una lettera a Mirella, le parlai di Mary.
Mi stupisco oggi della libertà che i prof ci avevano dato, allora era scontata.
Si ascoltava: L’isola di niente – PFM, Quadrophenia – Who, Come – One, Time of change – Trip, Welcome – Santana, Tale from topographic oceans – Yes, Mind games – John Lennon, Exotic birds and fruit – Procol Harum, Bridge of sighs – Robin Trower, Caution radiation area – Area.
(XX – 2.4)
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